Cosa succede se, in caso di redazione di un progetto edilizio, vi è accordo tra tutte le parti per realizzare un abuso edilizio? Il direttore dei lavori e la ditta esecutrice hanno effettivamente diritto al pagamento del corrispettivo per l’opera effettivamente prestata?
La risposta al quesito, tutt’altro che agevole, come si vedrà, è crocevia di importanti problemi teorici e ha richiesto, stante le differenti soluzioni fornite in sede di merito, l’intervento della Corte di Cassazione.
Il caso che ha originato la vicenda è, tutto sommato, comune: un geometra e un architetto vengono incaricati di redigere un progetto edilizio per la realizzazione di alcune opere su (e tra due) fabbricati nella piena consapevolezza anche da parte dell’impresa edile incaricata dell’esecuzione dei lavori che le opere integreranno un abuso edilizio.
Cosa accade nel caso in cui tra le parti sorga una divergenza nella successiva fase di esecuzione?
C’è da dire, ed è pacifico, che il progettista, il direttore dei lavori e la ditta appaltatrice rispondono in solido dell’inadempimento; ma l’aver realizzato un progetto in violazione della normativa che configura, nello specifico, un reato è o meno inadempimentocivilisticamente rilevante?
Il che equivale a chiedere, in seconda battuta, il progettista ha diritto al pagamento del compenso in virtù del fatto che la controparte era perfettamente a conoscenza della realizzazione dell’abuso edilizio?
La Corte di Cassazione nella sentenza 21 marzo 2023, n. 8058 fornisce una (condivisibile) risposta al quesito in esame, disattendo le decisioni di merito (tra di loro, tra l’altro discordanti) sul punto.
E’ pacifica, infatti, una responsabilità del professionista (architetto o geometra) per il caso di mancato controllo sulla corretta esecuzione dell’opera appaltata; ma, in relazione all’abuso edilizio realizzato o solo progettato, si potrebbe eccepire – come del resto fanno i giudici di merito – l’assenza di qualsiasi inadempimento soprattutto nel caso in cui via sia l’accordo del committente in merito alla realizzazione dell’opera abusiva.
Secondo gli Ermellini il progettista è un debitore di risultato che deve assicurare la realizzazione di un progetto utilizzabile da un punto di vista tecnico e giuridico; se ciò non accade il committente può, in maniera del tutto legittima sollevare l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e rifiutarsi, pertanto, di pagare il compenso pattuito.
Il contratto di prestazione d’opera intellettuale, in base al quale il professionista abbia realizzato un progetto di un edificio, totalmente o parzialmente, non conforme alla disciplina edilizia, non è nullo per contrasto con le norme imperative e l’ordine pubblico, né per impossibilità dell’oggetto. Infatti, «la prestazione cui è contrattualmente vincolato il progettista [è] eseguibile anche dal punto di vista giuridico, in quanto la disciplina degli illeciti urbanistici preclude non le attività concettuali, come la progettazione, quanto le attività costruttive e di lottizzazione che vi diano poi esecuzione» (Cass. 24086/2019; Cass. 5790/1996; Cass. 8941/1994).
Per concludere, secondo la Corte “La responsabilità del professionista viene meno e può riconoscersi il suo diritto ad ottenere il corrispettivo ove la progettazione di una costruzione o di una ristrutturazione in contrasto con la normativa urbanistica sia oggetto di un accordo tra le parti per porre in essere un abuso edilizio, spettando tale verifica al medesimo professionista, in forza della sua specifica competenza tecnica, e senza che perciò possa rilevare, ai fini dell’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 2226, comma 1, c.c., la firma apposta dal committente sul progetto redatto”.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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