La lotta all’abusivismo edilizio si conduce anche per mezzo dell’interpretazione delle norme processuali. In tal senso, è emblematico, il riconoscimento dell’idoneità dei raster di GOOGLE EARTH a provare tanto il reato di abuso edilizio, quanto, coerentemente, a giustificare un’ordinanza di demolizione.
Com’è noto, lo sviluppo ed il perfezionamento delle tecnologie informatiche, ha radicalmente modificato le nostre vite, creando nuovi problemi giuridici ma, al contempo, offrendo strumenti sempre più sofisticati di cui il diritto può avvalersi.
Il caso è quello di GOOGLE EARTH, il noto software in grado di generare immagini virtuali della Terra utilizzando immagini satellitari ottenute dal telerilevamento terrestre, fotografie aeree e dati topografici memorizzate in una piattaforma. Si tratta di un’applicazione grafica tridimensionale che permette di visualizzare fotografie aeree e satellitari della Terra con un dettaglio molto elevato tanto chenelle principali città del pianeta il programma è in grado di mostrare immagini con una risoluzione spaziale inferiore al metro quadrato.
Già in ambito penale la Corte di Cassazione, sez. III, con la sentenza del 17 ottobre 2022, n. 39087 aveva statuito l’utilizzabilità dei raster scaricati dall’applicazione ai fini di individuazione degli abusi edilizi in un giudizio in cui si discuteva dell’epoca di consumazione del reato, aspetto dirimenti ai fini di una valutazione dell’eventuale estinzione del reato per prescrizione.
Essi costituiscono prove documentali pienamente utilizzabili in quanto rappresentano fatti, persone o cose.
Più di recente il medesimo problema si è posto in ambito amministrativo, laddove il Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 3 giugno 2024, n. 4973 ha ritenuto i raster prova idonea a giustificare l’ordinanza di demolizione degli abusi dagli stessi documentati.
Il ricorrente, in questo secondo caso, lamentava che il primo giudice aveva erroneamente ritenuto che i raster di Google costituissero idonea prova dell’epoca di realizzazione dell’abuso e che tale circostanza sarebbe sufficiente a legittimare l’omissione della garanzia procedimentale di cui all’art. 7 della Legge. n. 241/1990. Quest’ultimo, infatti, lamentava la contraddittorietà della sentenza impugnata che, pur riconoscendo che i rilievi estratti da Google non avessero carattere certificato e non potessero, quindi, costituire prova certa dell’abuso ha, tuttavia, assegnato ad essi un valore indiziario pregnante, tale da legittimare anche l’omissione della garanzia procedimentale.
Per i Giudici di Palazzo Spada, la censura non è meritevole di accoglimento ribadendosi come, in ogni caso gravi sul privato l’onere di prova contraria, dimostrando, così, l’eventuale erroneità delle risultanze di Google Earth o similari ovvero la legittimità delle opere eseguite. Occorre ricordare, infatti, chel’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato, dovendo quest’ultimo confutare – pur con qualche agevolazione – l’indicazione temporale dell’amministrazione.
Avv. TOMMASO GASPARRO
– Studio Legale Gasparro –
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