L’ingegnere edile è un professionista laureato ed abilitato ad esercitare nel settore edile; in generale, ai sensi dell’art. 51 del R. D. n. 2537/1925 (Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto), «sono di spettanza della professione d’ingegnere, il progetto, la condotta e la stima dei lavori per estrarre, trasformare ed utilizzare i materiali direttamente od indirettamente occorrenti per le costruzioni e per le industrie, dei lavori relativi alle vie ed ai mezzi di trasporto, di deflusso e di comunicazione, alle costruzioni di ogni specie, alle macchine ed agli impianti industriali, nonché in generale alle applicazioni della fisica, i rilievi geometrici e le operazioni di estimo».
Ai sensi del successivo art. 52 della medesima Legge professionale «formano oggetto della professione di ingegnere quanto di quella di architetto le opere di edilizia civile, nonché i rilievi geometrici e le operazioni di estimo ad essa relative».
Quanto all’ambito privatistico, la responsabilità dell’ingegnere dipende da quale dei due ruoli astrattamente ipotizzabili egli ricopra in concreto:progettista, cioè il professionista al quale viene assegnato l’incarico di predisporre il progetto dell’opera che si deve realizzare odirettore dei lavori, che è il professionista scelto dal committente con lo scopo di vigilare sul regolare andamento dell’opera e del relativo cantiere.
Tralasciando la perdurante attualità della risalente distinzione, secondo la Cassazione del 22 marzo 1995, n. 3264«l’obbligazione del direttore dei lavori, che per conto del committente è tenuto a controllare la regolarità ed il buon andamento dell’opera man mano posta in essere dal costruttore, costituisce un’obbligazione di mezzi (e cioè di comportamento), non già di risultato, in quanto ha per oggetto la prestazione di un’opera intellettuale che non si estrinseca, nemmeno in parte, in un risultato di cui si possa cogliere tangibilmente la consistenza, non sfociando in un’opera materiale; pertanto, nei confronti del direttore dei lavori non opera la prescrizione breve prevista dall’art. 2226 c.c., il quale contiene una disciplina, relativa alle difformità ed ai vizi dell’opera, applicabile soltanto alle prestazioni che abbiano per oggetto la realizzazione di un opus in senso materiale».
Diversamente, in veste di progettista, l’ingegnere edile è tenuto, secondo la giurisprudenza [cfr. Cass., 27 febbraio 1996, n. 1530 e Cass., 22 marzo 1995, n. 3264] ad adempiere ad una obbligazione di risultatopoiché l’obbligazione del professionista consiste nel redigere un progetto destinato all’esecuzione e, pertanto, realizzabile, il committente – in base al principio inadimplenti non est adimplendum – ha diritto di rifiutare il pagamento del compenso al professionista che abbia fornito un’opera irrealizzabile: «l’obbligazione di redigere un progetto di ingegneria ha per oggetto un risultato ben definito che è la sua realizzabilità».
Per quanto attiene al profili di rilevanza penale che l’attività dell’ingegnere possa assumere, si consideri, anzitutto, l’art. 449 c.p. il quale stabilisce al primo comma che «chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell’art. 423 bis, cagiona per colpa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
Fra i disastri preveduti al Capo I del Titolo in questione, è inserito l’art. 434, rubricato “Crollo di costruzioni e altri disastri dolosi”. Il precetto penale contempla un tipico reato di attentato, incriminando: «Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro»; la pena è sensibilmente aumentata se il crollo effettivamente si verifica.
Infine, l’art. 676 c.p. prevede la distinta fattispecie contravvenzionale, poi degradata ad illecito amministrativo nell’ipotesi tipizzata dal primo comma, della “Rovina di edifici o di altre costruzioni”: «Chiunque ha avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un’altra costruzione, che poi, per sua colpa, rovini, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 154 a € 929. Se dal fatto è derivato pericolo alle persone, la pena è dell’arresto fino a sei mesi ovvero dell’ammenda non inferiore a € 309».
Infine, un cenno, all’ulteriore forma di responsabilità che grave sui professionisti, quella disciplinare. Il nuovo Codice deontologico degli Ingegneri, in vigore dal 1° Gennaio 2007, si apre con una disposizione che, nella sua enfasi, enuncia principi di grande rilievo sistematico: «La professione di ingegnere deve essere esercitata nel rispetto delle leggi dello Stato, dei principi costituzionali e dell’ordinamento comunitario. La professione di ingegnere costituisce attività di pubblico interesse. L’ingegnere è personalmente responsabile della propria opera e nei riguardi della committenza e nei riguardi della collettività»
Avv. TOMMASO GASPARRO
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