Una tendenza in atto nel nostro paese in ambito edilizio, negli ultimi anni, è sicuramente quella del ricorso alla cosiddetta edilizia acrobatica.
I vantaggi che questa opzione di esecuzione dei lavori in quota presenta sono notevoli e soprattutto, sono di carattere economico.
I lavori ad altezza elevata, infatti, richiedono l’ausilio di ponteggi o cestelli elevatori che, oltre a richiedere tempi lunghi per il montaggio e lo smontaggio comportano anche oneri economici non indifferenti in quanto la costruzione del ponteggio e il suo smontaggio richiedono tempo che influisce sul loro costo.
A ciò si aggiungano gli oneri da sostenere per l’occupazione del suolo pubblico.
Oneri che possono essere abbattuti notevolmente se i lavori vengono effettuati su fune, vale a dire tramite ricorso alla cosiddetta edilizia acrobatica.
Tecnicamente i lavori su fune sono una particolare tipologia di lavori in quota in cui, senza l’ausilio di alcun ponteggio, gli operatori si calano dall’alto, ancorati a particolari sistemi di protezione e sospesi nel vuoto.
Tale sistema che richiede almeno due funi [una per l’accesso la discesa e il sostegno – la c.d. fune di lavoro– e una con funzione di dispositivo ausiliario – c.d. fune di sicurezza -] può consentire di effettuare anche lavori diversi dalla tradizionale ristrutturazione o manutenzione, ma pur sempre frequenti in ambito condominiale come potature, allontanamento di volatili, pulizia e pronto intervento.
L’indubbio vantaggio in termini di costi, in uno all’eliminazione di fastidi non irrilevanti alla vita condominiale, potrebbero indurre un inesperto amministratore condominiale a farvi ricorso.
Ma la normativa vigente, consente realmente di effettuare una libera scelta tra il regime tradizionale e quello di edilizia acrobatica? La risposta, secca, è no.
Invero, infatti, ai sensi del disposto dell’art. 111 comma 4 del d. lgs. n. 81/2008, i sistemi a fune devono rappresentare l’ultima alternativa all’impossibilità logistica, organizzativa ed operativa all’utilizzo di sistemi ed apprestamenti in grado di offrire maggiore sicurezza.
E’ noto, infatti che le funi appartengono alla categoria dei dispositivi di protezione individuale (DPI) mentre i ponteggi a quella dei dispositivi di protezione collettiva (DPC); questi ultimi devono, per espresse ragioni di sicurezza sul lavoro che prevalgono su criteri economici, essere utilizzati solo come extrema ratio.
Tale principio è stato ribadito e spiegato dalla Corte di Cassazione Penale Sezione IV – Sent. n. 48046 del 4 dicembre 2023 (u.p. 12 ottobre 2023) – a mente della quale “La ratio di dare la priorità ai dispositivi di protezione collettiva risiede nel fatto che gli stessi sono atti a operare indipendentemente dal fatto, e a dispetto del fatto, che il lavoratore abbia imprudentemente omesso di utilizzare il dispositivo di protezione individuale”.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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