Viaggio al confine della responsabilità del mediatore
L’individuazione degli esatti confini della responsabilità dell’agente immobiliare è oggetto di acceso dibattito e costituisce un tema in continua evoluzione sol facendo riferimento alle risultanze dei repertori di giurisprudenza.
Si registra, in proposito, un recente arresto giurisprudenziale di legittimità in grado di fornire elementi di chiarezza tutt’altro che irrilevanti e il riferimento è a Cass. Civ. Sez. II, Sentenza n. 11371 del 2 maggio 2023.
La Corte delinea innanzitutto il quadro generale chiarendo come la delineazione dei confini di responsabilità valga nelle due ipotesi di mediazione tipica e c.d. atipica[1]; poste le superiori premesse l’ambito di responsabilità è delineato attraverso una lettura dell’art. 1759 c.c. alla luce del disposto degli artt. 1175-1176 c.c nonché dell’art. 3comma 1 della L. n. 39/1989, che disciplina la professione del mediatore, prescrivendo che lo stesso sia soggetto professionale chiamato ad operare «ogni attività complementare o necessaria per la conclusione dell’affare».
Quali sono dunque le informazioni rilevanti per la conclusione dell’affare e non rispondenti al vero che fornite dal mediatore possono costituire fonte di responsabilità?
- la contitolarità del diritto di proprietà;
- lo stato di insolvenza di una delle parti;
- prelazioni e opzioni;
- il rilascio di autorizzazioni amministrative;
- la provenienza di beni da donazioni suscettibili di riduzione;
- la solidità delle condizioni economiche dei contraenti;
- iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli gravanti sull’immobile;
- l’effettiva titolarità del bene in capo al venditore.
Questa elencazione esauriente ma non tassativa, nulla dice in merito alla sussistenza di un obbligo cogente per il mediatore di verificare o meno, mediante l’accesso ai relativi registri immobiliari, la presenza di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sull’immobile oggetto di attività di mediazione.
Sul punto giurisprudenza e dottrina appaiono divise e la sentenza in commento, nel tentativo di bilanciare le posizioni contrapposte sul punto rinvenendo un equilibro tra le esigenze di responsabilizzazione del mediatore e quelle, contrapposte, di riconoscimento dell’assenza di competenze tecniche idonee a costituire fondamento di un obbligo giuridicamente vincolante.
Per tali ragioni, il quadro normativo e giurisprudenziale vigente pacificamente ammette la sussistenza dell’obbligo in capo al mediatore di effettuare tale verifica se a ciò obbligato da esplicita previsione contrattuale, in assenza di specifiche previsioni contrattuali la sussistenza di tale obbligo potrebbe essere messa in discussione in presenza di circostanza specifiche e peculiari legate al singolo affare da verificare caso per caso.
Di norma sì, dunque, ma ipotesti peculiare potrebbero essere in grado di mitigare la rigidità dell’obbligo in questione.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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[1] A tal proposito è appena il caso di sottolineare che, la mediazione c.d. tipica regolata dagli art. 1754 e ss. c.c., caratterizzata dalla imparzialità del mediatore rispetto alle parti sia prevalentemente ritenuta non riconducibile ad un contratto costituendo fonte di obbligazioni ai sensi dell’art. 1173 c.c.. Differentemente, quella atipica, di creazione giurisprudenziale si caratterizza per l’incarico affidato da uno (o entrambi) i contraenti al mediatore per la ricerca di una persona interessata alla ricerca di uno specifico affare.





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