Rifiuti edili in condominio: ragazzino inciampa, condannato il committente
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il tribunale, quale giudice di appello, aveva confermato la sentenza assolutoria del giudice di pace nei confronti del committente di alcuni lavori edili, assolto dal reato di lesioni personali colpose, avendo consentito l’abbandono, in maniera incontrollata, di materiali edili collocati all’ingresso del portone del condominio nei quali inciampava un ragazzino, facendosi male, la Corte di Cassazione (sentenza 22 maggio 2020, n. 15697) – nell’accogliere la tesi della difesa della parte civile, secondo cui doveva dirsi sussistere a carico del committente una responsabilità diretta per i danni cagionati nella esecuzione delle opere qualora egli abbia omesso qualunque vigilanza al fine di evitare che le modalità concrete di esecuzione delle opere appaltate comportino un rischio per i terzi, come nel caso di specie – ha, diversamente, affermato che appartiene al gestore del rischio connesso all’esistenza di un cantiere anche la prevenzione degli infortuni di soggetti a questo estranei, ancorchè gli stessi tengano condotte imprudenti, purchè non esorbitanti il tipo di rischio definito dalla norma cautelare violata.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. IV, n. 38200 del 12/05/2016 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, è opportuno qui ricordare che l’art. 590, c.p., sotto la rubrica «Lesioni personali colpose», punisce con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a euro 309 la condotta di chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale. Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni. Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
Nel rapporto tra appaltatore e committente, quando il primo si attivi per rimuovere una situazione di pericolo collegata all’opera da lui fornita e il committente impedisca la realizzazione di tale intervento adeguatore, quest’ultimo comportamento costituisce, per il suo carattere assolutamente anomalo e atipico, evento eccezionale atto a interrompere il nesso di causalità tra la fornitura dell’opera e l’incidente verificatosi (Cass. pen. sez. IV, 16/10/1998, in fattispecie di lesioni colpose in cui l’organizzatore di uno spettacolo ha impedito che il fornitore della tensostruttura montata a copertura del cortile interno del Castello sforzesco di Milano realizzasse un c.d. castelletto per assicurare la massima resistenza alla pioggia). In caso di lavori affidati in appalto, è l’appaltatore il destinatario degli obblighi prevenzionali, salvi alcuni obblighi specifici che restano a carico del committente, quali l’informazione sui rischi dell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di protezione e prevenzione (Cass. pen. sez. IV, 2/5/2012, n. 22044). Il committente, quale titolare di una specifica posizione di garanzia, risponde dell’infortunio subito dai lavoratori per non aver nominato il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, che è tenuto a verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza, a vigilare sul rispetto delle misure precauzionali ivi indicate e a sospendere le attività in caso di grave ed imminente pericolo (Cass. pen. sez. IV, 18/4/2013, n. 31296). Il committente, anche nel caso di subappalto, è responsabile per l’infortunio occorso al lavoratore sia per la scelta dell’impresa sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (Cass. pen. sez. IV, 14/2/2018, n. 7188). In tema di valutazione del rischio di cui all’art. 26, D.Lgs. 9/4/2008, n. 81, il datore di lavoro committente deve tener conto della presenza di ditte o di lavoratori autonomi terzi operanti all’interno dell’ambiente di lavoro in concomitanza dell’espletamento dei lavori affidati in appalto (Cass. pen. sez. IV, 11/11/2014, n. 5857). Il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica che richiedono una specifica competenza tecnica (Cass. pen. sez. IV, 8/1/2019, n. 5893). L’effetto interruttivo può essere dovuto a qualsiasi circostanza che introduca un rischio nuovo o, comunque, radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è tenuto a governare (Cass. pen. sez. IV, 19/3/2015, n. 22378, con riferimento alla caduta di un lavoratore in conseguenza della manomissione di un’impalcatura). Il responsabile dei lavori edili è tenuto a svolgere una funzione di supercontrollo, verificando che i coordinatori adempiano agli obblighi su di essi gravanti, ed in particolare non solo deve assicurare ma anche verificare l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonché la corretta applicazione delle procedure di lavoro (Cass. pen. sez. IV, 2/11/2011, n. 46839).
Tanto premesso, nel caso in esame, era contestato all’imputato, in qualità di amministratore di una s.r.l., committente di opere edili in corso di realizzazione presso un condominio, di avere cagionato lesioni personali ad un minore, avendo consentito l’abbandono, in maniera incontrollata, di materiali edili collocati all’ingresso del portone del condominio nei quali il ragazzino inciampava. I Giudici di merito, nelle due sentenze di primo e secondo grado, ritenevano che l’imputato, in qualità di committente delle opere edili, dovesse ritenersi esente da responsabilità non rivestendo una posizione di garanzia nei confronti dei terzi per i danni causati dalla esecuzione delle opere appaltate, essendo tale rischio gravante esclusivamente sull’appaltatore. Ricorrendo in Cassazione, il difensore della parte civile, sosteneva invece che erano state erroneamente valutate le risultanze acquisite in atti, anche in relazione all’art. 1662 c.c., che non prescrive solo il mero diritto di controllare lo svolgimento dei lavori, ma sostiene il dovere in capo al committente di verificare lo stato di realizzazione delle opere e, pertanto, di esercitare una vigilanza sull’esecuzione delle stesse. Precisava la difesa che la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che sussiste a carico del committente una responsabilità diretta per i danni cagionati nella esecuzione delle opere qualora egli abbia omesso qualunque vigilanza al fine di evitare che le modalità concrete di esecuzione delle opere appaltate comportino un rischio per i terzi. All’epoca dei fatti il materiale edile non era stato messo in sicurezza (mancavano recinzioni e cartelli che avvertivano del pericolo), quindi chiunque poteva accedere alla zona esponendosi al rischio di lesioni.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui sopra, ha disatteso la tesi difensiva, in particolare richiamando il pacifico principio ammesso nella giurisprudenza di legittimità in base al quale il gestore del rischio connesso all’esistenza di un cantiere debba rispondere della prevenzione degli infortuni che abbiano coinvolto soggetti che siano terzi estranei rispetto all’attività in corso di svolgimento nel cantiere (così ex multis: Cass. pen. sez. IV, n. 38200 del 12/05/2016, CED Cass. 267606, relativa a fattispecie in cui la Cassazione ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputata, proprietaria di un appartamento nel quale erano in corso lavori di ristrutturazione, per le lesioni riportate da un vicino che, recatosi nell’immobile per eseguire un sopralluogo, era caduto in una botola priva di protezioni, precipitando nell’appartamento sottostante, nonostante anche egli avesse tenuto un comportamento imprudente percorrendo un tracciato diverso da quello indicatogli dall’imputata). Si è anche precisato che il garante della sicurezza risponde dell’infortunio occorso all'”extraneus” sempre che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo (così Cass. pen. sez. IV n. 43168 del 17/06/2014, C., CED Cass. 260947). Quanto alla individuazione dei soggetti garanti, si rileva che il legislatore, tenuto conto della complessità dei processi produttivi moderni, ha rivisitato la materia relativa al contratto di appalto che, passando dalla disciplina originariamente prevista dal D.P.R. n. 547 del 1955, artt. 4 e 5, ha trovato una sua regolamentazione nel D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, per poi giungere alla elaborazione del complesso normativo di cui al D.Lgs. n. 494 del 1996, oggi sostanzialmente trasfuso nel D.Lgs. n. 81 del 2008. Nell’articolata disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 494 del 1996 e nel T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) il committente è stato pienamente coinvolto nell’attuazione delle misure di sicurezza. Il legislatore, al fine di contenere il fenomeno degli infortuni sul lavoro nel campo degli appalti e costruzioni, ha optato per la responsabilizzazione del soggetto per conto del quale i lavori vengono eseguiti. Quanto precede si è tradotto nella previsione di tutta una serie di obblighi in capo al committente, cristallizzati nell’art. 90 del T.U. Sicurezza. La giurisprudenza di legittimità ha poi più volte ribadito che permane in capo al committente un preciso dovere di vigilanza e verifica dell’adempimento, da parte del coordinatore per la sicurezza, degli obblighi sullo stesso gravanti. Da tutto quanto precede risulta per la S.C. del tutto erroneo il percorso argomentativo seguito dal Tribunale in sentenza per addivenire alla esclusione della responsabilità dell’imputato nella veste di committente.
Da qui, dunque, l’annullamento della sentenza.
Riferimenti normativi:
Art. 590 c.p.
Art. 90 D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81
Cassazione penale, sezione IV, sentenza 22 maggio 2020, n. 15697
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