Ai sensi dell’art. 1138 comma 5 c.c. “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.
Tale disposizione normativa che ha adeguato l’ordinamento italiano a quanto statuito sia dalla Convenzione Europea per la protezione degli animali di compagnia, sottoscritta a Strasburgo il 13 novembre 1987 e ratificata dall’Italia con la L. 4 novembre 2010, n. 201 è ritenuta norma inderogabile anche se, la giurisprudenza occupatisi ad oggi del tema, ha avuto modo di chiarire come essa non operi in caso di regolamento condominiale contrattuale; in questo caso infatti, il divieto potrebbe tuttavia essere ancora legittimamente previsto [cfr. Trib. Piacenza, 28 febbraio 2020, n. 142].
Chiariti questi aspetti va altresì doverosamente sottolineato come la detenzione degli animali domestici, libera nei termini anzi esposti, incontri ulteriori limiti legali.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, “la presenza di un cane all’interno di una struttura condominiale non deve essere lesiva dei diritti degli altri condomini, sicché i proprietari dell’animale devono ridurre al minimo le occasioni di disturbo e prevenire le possibili cause di agitazione ed eccitazione dell’animale stesso, soprattutto nelle ore notturne; […] In tema di immissioni in ambito condominiale superano la normale tollerabilità i rumori derivanti dai latrati insistenti del cane e dalle riunioni rumorose” [Cass., sez. II civ., 26 marzo 2008, n. 7856].
Il riferimento è, come chiaro, al disposto dell’art. 844 c.c. che regola le immissioni rumorose, stabilendo che esse non possano superare la normale tollerabilità.
La norma, che ha una storia molto antica, fa riferimento tanto ad immissioni sonore – rumori – che alle esalazioni, le quali ad esempio, per rimanere al caso di specie ben potrebbero essere quelle emanate da deiezioni animali.
Ciò equivale ad affermare, come di recente deciso dal Tribunale di Bologna nell’ord. ex art. 700 c.p.c., 27 ottobre 2025, n. 11396/2025, che nelle ipotesi in cui, coerentemente ai limiti stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, mediante apposite registrazioni sonore si dimostri il superamento della soglia della normale tollerabilità in relazioni ad emissioni sonore prodotto dal latrare di cani in condominio, ad esempio, ciascun condomino potrà richiedere altresì il risarcimento del danno anche non patrimoniale patito a seguito di tali condotte poste in essere dal proprietario dell’animale.
Va da sé, inoltre, che l’ordinamento italiano preveda un ulteriore strumento che si affianca al risarcimento del danno. Si tratta della previsione dell’art. 614-bis c.p.c.; nel caso di specie, infatti, la Corte bolognese – trattandosi di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. – ha emesso un ordine di allontanamento dei cani dal condominio condannando il proprietario al pagamento di una somma pari a € 15 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione dell’ordine.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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