Edilizia: i volumi tecnici non vanno computati nel calcolo della volumetria massima consentita e non possono essere ubicati all’interno della parte abitativa
L’importanza della qualificazione di un volume come “tecnico” sta nel fatto che i volumi tecnici – purchè in rapporto di funzionalità necessaria rispetto alla costruzione cui ineriscono – non vanno computati nel calcolo della volumetria massima consentita, in quanto per definizione essi non generano autonomo carico urbanistico. Ai fini della nozione di “volume tecnico”, assumono valore tre ordini di parametri: il primo, positivo e funzionale, attiene al rapporto di strumentalità necessaria del manufatto con l’utilizzo della costruzione alla quale si connette; il secondo ed il terzo, negativi, consistono, da un lato, nell’impraticabilità di soluzioni progettuali diverse — nel senso che tali costruzioni non devono potere essere ubicate all’interno della parte abitativa — e dall’altro lato, in un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti. Rientrano nella nozione in parola solo le opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, mentre non sono riconducibili alla stessa i locali, in specie laddove di ingombro rilevante, oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. IV, 7 luglio 2020 n. 4358.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI: | |
Conformi: | Cass. pen. n. 7217/2011
Cons. stato sez. VI, n. 175/2015 |
Difformi: | Non si rinvengono precedenti |
I cosiddetti volumi tecnici sono quelli esclusivamente adibiti alla sistemazione di impianti aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione e che non possono essere ubicati all’interno della parte abitativa.
Ai fini della nozione di “volume tecnico”, assumono valore tre ordini di parametri: il primo, positivo e funzionale, attiene al rapporto di strumentalità necessaria del manufatto con l’utilizzo della costruzione alla quale si connette; il secondo ed il terzo, negativi, consistono, da un lato, nell’impraticabilità di soluzioni progettuali diverse — nel senso che tali costruzioni non devono potere essere ubicate all’interno della parte abitativa — e dall’altro lato, in un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.
Rientrano nella nozione in parola solo le opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, mentre non sono riconducibili alla stessa i locali, in specie laddove di ingombro rilevante, oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni. (Cass. pen. n. 7217/2011).
Si definisce, quindi, volume tecnico il volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo e comunque privo di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché strettamente necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima e non collocabili, per qualsiasi ragione, all’interno dell’edificio. (Cons. stato sez. VI, n. 175/2015).
L’importanza della qualificazione di un volume come “tecnico” sta nel fatto che i volumi tecnici – purchè in rapporto di funzionalità necessaria rispetto alla costruzione cui ineriscono – non vanno computati nel calcolo della volumetria massima consentita, in quanto per definizione essi non generano autonomo carico urbanistico.
Esito:
Annulla T.A.R. Toscana sez. III, n. 625/2019
Consiglio di Stato, sez. IV, 7 luglio 2020 n. 4358
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