Furto in appartamento attraverso l’utilizzo di ponteggi, di chi le maggiori responsabilità?
La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 6 febbraio 2020, ha negato la sussistenza della responsabilità del condominio e dell’appaltatore dei lavori di ristrutturazione dell’edificio in relazione al furto commesso da ignoti in un appartamento.
La Corte d’appello di Bari, con sentenza del 6 febbraio 2020, a conferma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dal proprietario di una unità immobiliare nei confronti del condominio e dell’impresa appaltatrice dei lavori di manutenzione del fabbricato, in relazione ai danni subiti per un furto perpetrato da ignoti che avevano fatto ingresso nell’appartamento dell’attore.
Ad avviso dei giudici di secondo grado, non era stata fornita dal medesimo attore alcuna prova che i ladri avessero utilizzato l’impalcatura installata per l’esecuzione delle opere edili di rifacimento della facciata dell’edificio, dovendosi fondare comunque sull’art. 2043 c.c., e non sull’art. 2051 c.c., l’eventuale responsabilità tanto dell’impresa esecutrice dei lavori in appalto che del condominio committente.
In realtà a dispetto della semplificazione del panorama giurisprudenziale contenuta nella sentenza della Corte d’appello di Bari, la quale ha citato soltanto Cass. 20 giugno 2017, n. 15716, è assai più controversa la questione della natura della responsabilità del condominio, eventualmente concorrente con quella dell’impresa appaltatrice, per il furto verificatosi in un appartamento nel corso dei lavori alle parti comuni.
Cass. 20 giugno 2017, n. 15716, effettivamente, arrivò alla conclusione che è “da escludere, in linea di principio, che – in caso di furto reso possibile dall’omessa adozione delle necessarie misure di sicurezza in relazione all’impalcatura di proprietà e/o installata dall’appaltatore per effettuare lavori nello stabile condominiale – possa automaticamente affermarsi sussistere a carico del condominio committente, ai sensi dell’art. 2051 c.c., una responsabilità oggettiva o presunta, ‘da custodia’ della struttura, della quale quest’ultimo ha semplicemente consentito l’installazione, laddove si riconosca a carico dello stesso appaltatore (proprietario e/o quanto meno diretto installatore e utilizzatore della predetta struttura) esclusivamente una responsabilità ordinaria per colpa, ai sensi dell’art. 2043 c.c. In una siffatta ipotesi, la responsabilità del condominio committente può essere affermata esclusivamente ai sensi dell’art. 2043 c.c., in concorso con quella dell’appaltatore, per omissione degli obblighi di vigilanza sull’attività di quest’ultimo. Ed in tale ottica costituisce questione di fatto stabilire in quali limiti ed in quali termini lo stesso condominio disponga, nella vicenda concreta, di tali poteri di vigilanza, ed eventualmente anche in che termini ed in che limiti sia comunque esigibile, secondo l’ordinaria diligenza che, nell’affidamento a terzi di lavori in appalto da svolgersi sulle parti comuni dell’edificio, esso si riservi in ogni caso siffatti poteri, a tutela dei condomini e dei terzi ai quali dai lavori stessi possano derivare eventuali pregiudizi”.
L’orientamento più diffuso in giurisprudenza, tuttavia, ha costantemente ripetuto che, nell’ipotesi di furto in appartamento condominiale, commesso con accesso dalle impalcature installate in occasione della ristrutturazione dell’edificio, sarebbe configurabile la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2043 c.c., per omessa ordinaria diligenza nella adozione delle cautele atte ad impedire l’uso anomalo dei ponteggi, nonché la responsabilità del condominio, ex art. 2051 c.c., per l’omessa vigilanza e custodia, cui è obbligato quale soggetto che ha disposto il mantenimento della struttura; con la conseguenza che l’appaltatore ed il condominio vengono di soluto condannati in solido tra loro al risarcimento dei danni, il primo per aver agevolato il furto, non avendo adottato le misure idonee ad impedire l’intrusione di terzi – quali l’illuminazione notturna, la guardiania ed altri accorgimenti -, il secondo, invece, in quanto committente delle opere, per non aver assunto alcuna iniziativa volta ad indurre l’impresa ad adottare le cautele necessarie alla sicurezza del fabbricato (si vedano Cass. 19 dicembre 2014, n. 26900; Cass. 17 marzo 2009, n. 6435, in Danno e resp. 2009, 6, 620 ss., con nota di Mastrorilli, Ponteggi e Lupin: responsabilità da custodia per il condominio; Cass. 23 maggio 2006, n. 12111, in Danno e resp. 2007, 2, 163 ss., con nota di Guerreschi, Soliti ignoti di nuovo sui ponteggi: l’impresa è responsabile; Cass. 11 febbraio 2005, n. 2844 e Trib. Napoli 14 luglio 2005, entrambe in Immobili & diritto 2005, 29 ss.; Cass. 26 aprile 2004, n. 7921; Cass. 10 giugno 1998, n. 5775; Cass. 6 ottobre 1997, n. 9707, in Giur. it. 1998, 1815, con nota di Ermini; Cass. 23 maggio 1991, n. 5840; Cass. 9 febbraio 1980, n. 913, in Giust. civ. 1980, I, 785; Cass. 24 gennaio 1979, n. 539, in Giust. civ. 1979, I, 1027. Nella giurisprudenza di merito, ancora, Trib. Firenze, 4 giugno 1981, in Giur. mer. 1982, 271, Trib. Milano, 28 ottobre 2002, in Arch. loc. e cond. 2003, 363; App. Milano, 16 maggio 1997, in Arch. loc. e cond. 1997, 1030; Trib. Napoli 19 febbraio 2002, in Giur. napoletana 2002, 213; Trib. Roma, 21 ottobre 2002, in Rass. loc. e cond. 2003, 435, con nota di A. Carrato, Lineamenti essenziali sui tipi di responsabilità configurabili in caso di furto all’interno di uno stabile condominiale agevolato dall’allestimento di ponteggi utilizzati per interventi di riparazione esterni).
L’impostazione tradizionale fa sorgere un primo dubbio: il fatto doloso del ladro che si introduce nell’appartamento non elide, in ogni caso, il nesso di causalità tra l’eventuale imperizia dell’appaltatore e del condominio nel costruire e custodire l’impalcatura e il furto patito dal proprietario dell’appartamento svaligiato, ovvero da chi comunque vi abiti ?
A questo interrogativo può darsi una risposta negativa.
In tema di responsabilità aquiliana, l’autore del fatto illecito deve essere chiamato a rispondere non solo del danno direttamente dipendente dalla sua azione od omissione, ma anche di quello mediatamente ricollegabile al suo comportamento, come, appunto, il fatto del terzo, seppure doloso, a meno che tale fatto si dimostri da solo sufficiente a provocare l’evento dannoso. Così, ricorre pur sempre la responsabilità civile dell’appaltatore e del condominio committente, per inottemperanza al dovere di predisporre le necessarie cautele esecutive nella realizzazione dei lavori, sussistendo il necessario nesso di causalità con la loro condotta omissiva, ove il correlato fatto doloso del terzo si atteggi quale evento prevedibile, avuto riguardo a precedenti dello stesso genere noti e già verificatisi frequentemente. E’ noto, del resto, che per la sussistenza del nesso di causalità materiale, non è sufficiente che tra l’antecedente (idest, comportamento doloso o colposo) e il dato conseguenziale (evento) vi sia un rapporto di sequenza, ma è pure necessario che tale rapporto integri gli estremi di una successione costante, secondo un calcolo di regolarità statistica, per cui l’evento appaia come una conseguenza normale dell’antecedente. Allorché, perciò, un furto in un appartamento sia perpetrato servendosi, per accedervi, del ponteggio di un cantiere, costruito in modo da invadere con alcune sporgenze il terrazzo dell’appartamento stesso, non potrebbe ragionevolmente concludersi che l’azione dei ladri sia stata la sola causa efficiente dell’evento, senza accertare se l’esistenza dell’impalcatura, in considerazione della notevole altezza dal suolo dell’appartamento, sia stata altresì idonea alla commissione dell’azione delittuosa, ovvero a creare una condizione, in mancanza della quale sarebbe stato impossibile, o massimamente difficoltoso e pericoloso, introdursi nell’immobile (Cass. 17 maggio 1979, n. 2836).
D’altro canto, mentre l’art. 2043 c.c. fa sorgere l’obbligo del risarcimento dalla commissione di un unico “fatto” doloso o colposo, evidentemente guardando soltanto all’azione del soggetto che cagiona l’evento, il successivo art. 2055 c.c., ai fini della solidarietà nel risarcimento stesso, considera il “fatto dannoso”, nella prospettiva di colui che subisce il danno, ed a cui vantaggio è stabilita la solidarietà. Se ne fa discendere che l’unicità del fatto dannoso, postulata dal menzionato art. 2055 c.c. per la ravvisabilità di una responsabilità solidale tra gli autori dell’illecito, vada intesa in senso non assoluto, ma relativo al danneggiato, ricorrendo, pertanto, pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, ed anche diversi, sempreché le singole azioni o omissioni abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno. Non è perciò di ostacolo all’astratta ravvisabilità di una responsabilità solidale di condominio ed appaltatore ex art. 2055 c.c. per i danni subiti dal condomino derubato il fatto che si tratti di condotte autonome e riferibili a titoli diversi.
L’orientamento giurisprudenziale del tutto prevalente richiamato, sicuro della responsabilità extra-contrattuale dell’appaltatore verso il condomino derubato, ne riconduce, dunque, il criterio di imputazione all’art. 2043 c.c., ovvero al generale principio del neminemlaedere, mentre afferma la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c. Questo concorso è, in verità, assai dubbio, perché suppone la delimitazione degli obblighi custodiali del cantiere riferibili all’appaltatore nonché di quelli, eventualmente residui, gravanti sul committente proprietario dei beni.
In teoria, il concetto di custodia, presupposto dall’art. 2051 c.c., sta a significare un effettivo potere fisico del soggetto nei confronti della res, cioè un rapporto concreto che implichi il governo e l’uso della cosa custodita, con il conseguente obbligo di vigilare che da questa – per sua natura o particolari condizioni – non derivi danno ad altri. Così, ben può far carico all’appaltatore curare la custodia del bene che si trovi nella sua disponibilità, perché oggetto dell’esecuzione dell’opera appaltata.
Tuttavia, laddove l’appalto non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale debba eseguirsi il lavoro appaltato, neppure vengono meno per il committente detentore dell’immobile stesso il dovere di custodia e di vigilanza, e la correlativa responsabilità ex art. 2051 c.c.
In generale, il condominio, essendo obbligato, quale custode dei beni e degli impianti comuni, ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, risponde, in forza dell’art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati a terzi o ai singoli condomini. Ai fini dell’accertamento della responsabilità del condominio, è sufficiente che il danneggiato fornisca la prova di una relazione tra la cosa comune in custodia e l’evento dannoso, che risulti riconducibile ad un’anomalia, originaria o sopravvenuta, nella struttura e nel funzionamento della cosa stessa.
La responsabilità del condominio custode non dovrebbe così escludersi nemmeno per effetto dell’imputabilità dei danni alla negligenza dell’appaltatore della manutenzione del bene comune, negligenza comportante, piuttosto, la concorrente responsabilità dell’imprenditore, essendo comunque il condominio tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria.
Al pari del caso fortuito, però, preclude la responsabilità per custodia del condominio l’accertamento che l’evento dannoso sia stato causato dalla condotta imprevista ed imprevedibile di un terzo.
Se pertanto pacifica appare la responsabilità dell’imprenditore (ex art. 2043 c.c., e forse anche ex art. 2051 c.c.) per il furto subito dal proprietario o dall’utilizzatore di uno degli appartamenti attorniati dall’impalcatura, ben più problematica è l’affermazione di una responsabilità – concorrente o esclusiva – del condominio committente verso la vittima del furto.
La regola in tema di appalto vuole che sia l’appaltatore a rispondere dei danni provocati a terzi durante l’esecuzione del contratto: questi, infatti, svolge la sua attività nell’esecuzione dei lavori in piena autonomia, organizzandone i mezzi necessari, curandone le modalità ed obbligandosi a fornire alla controparte l’opera o il servizio cui si sia obbligato, facendo buon uso delle sue capacità tecniche e delle cognizioni richiestegli quale imprenditore del particolare ramo; al più, il committente provvede alla verifica della corrispondenza dell’opera o del servizio affidato all’appaltatore con quanto costituisce oggetto del contratto. In tale contesto, così, una responsabilità del committente nei riguardi dei terzi risulta configurabile, in via esclusiva, solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di appositi patti contrattuali o di uno specifico ordine impartitogli dal direttore dei lavori o da altro rappresentante del committente stesso, tali da rendere l’appaltatore un nudusminister, privo dell’autonomia che normalmente gli compete; o, in via concorsuale, allorquando emergano gli estremi della culpa in eligendo, per aver affidato il compimento dell’opera ad un’impresa appaltatrice mancante della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto.
Perciò, il danno causalmente riconducibile all’omessa adozione delle necessarie cautele nell’allestimento e nella custodia dell’impalcatura (illuminazione, sorveglianza, porte da cantiere, antifurti, rimozione delle scale di collegamento, ecc.), concernendo le modalità esecutive dei lavori affidati alle scelte dell’appaltatore, dovrebbe, in astratto, essere imputabile soltanto all’imprenditore, dovendosi da questo attendere l’osservanza di quei canoni comportamentali di natura tecnica appartenenti all’essenza della sua prestazione obbligatoria.
E’ arduo, di conseguenza, elaborare in capo al condominio una colpa per violazione di regole di cautela su esso incombenti ex art. 2043 c.c., in relazione ai ponteggi installati dall’appaltatore. Residuano le ipotesi marginali della scelta da parte del condominio di un’impresa inidonea, o del condominio committente che, sebbene reso edotto dall’appaltatore della precarietà degli accorgimenti seguiti per scongiurare indesiderati accessi agli appartamenti, abbia insistito per proseguire i lavori senza darsi cura di quell’allarme.
Diversa conclusione merita la possibilità di radicare, comunque, la responsabilità del condominio nella presunzione di colpa prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalle cose in custodia, tale essendo la relazione intercorrente tra il condominio ed il bene comune ingabbiato dall’impalcatura. Ripartendo il correlato onere della prova, all’attore, che abbia subito il furto nell’appartamento, compete unicamente dimostrare il rapporto eziologico tra il ponteggio e l’evento lesivo, mentre il condominio custode, convenuto, per liberarsi, deve (con comprensibile difficoltà) provare che il fatto del ladro sia del tutto estraneo alla sua sfera soggettiva, e in tal senso idoneo ad interrompere quel nesso causale, presentando i caratteri del fortuito, ovvero l’imprevedibilità e l’assoluta eccezionalità, senza che, pertanto, rilevi, al fine di escludere la responsabilità del condominio committente, che questo sia incorso in una culpa in eligendo nell’individuazione dell’appaltatore, del progettista o del direttore dei lavori, ovvero che lo stesso abbia lasciato loro piena autonomia.
Non sembra, al contrario, predicabile una distinta responsabilità personale dell’amministratore da omessa custodia per il furto subito dal singolo condomino. Sebbene talvolta in giurisprudenza si sia sostenuto che l’amministratore ha il compito di provvedere non solo alla gestione, ma pure alla custodia delle cose comuni, obbligo che non viene meno neanche nell’ipotesi in cui il condominio appalti a terzi lavori riguardanti le parti comuni dell’edificio condominiale (a meno che il compito di vigilare su tali lavori non venga affidato ad altri), di tal che l’amministratore potrebbe dirsi responsabile del danno patito da uno dei condomini a causa della realizzazione dei lavori condominiali, una responsabilità per omessa custodia dei ponteggi addebitata all’amministratore sarebbe davvero incompatibile con la abituale qualifica di mandatario che si attribuisce allo stesso. L’amministratore, in presenza di violazioni dei doveri contrattuali su di lui incombenti verso i condomini, rimane, al più, soggetto, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio per il recupero delle somme che esso abbia versato al danneggiato.
Riferimenti normativi:
Art. 2043 c.c.
Art. 2051 c.c.
Art. 1218 c.c.
Art. 2055 c.c.
Corte d’Appello di Bari, sentenza 6 febbraio 2020, n. 278
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