L’Italia è un paese dalla bellezza diffusa, un museo a cielo aperto i cui centri storici, borghi e paesaggi sono spesso tutelati da vincoli specifici per preservarne l’inestimabile valore culturale e visivo. Allo stesso tempo, l’urgenza della crisi climatica e la necessità di raggiungere l’indipendenza energetica impongono una transizione rapida verso le fonti rinnovabili, tra cui il fotovoltaico e i pannelli solari. Come si conciliano queste due esigenze fondamentali, ma potenzialmente confliggenti? È possibile installare moderni pannelli sui tetti di edifici antichi o in contesti paesaggisticamente pregiati senza comprometterne l’identità?
La questione è stata recentemente affrontata con una importante sentenza del Consiglio di Stato, la numero 2808 del 2025 (pubblicata il 2 aprile), la quale rappresenta un tassello fondamentale in questo percorso, suggerendo che un’integrazione rispettosa non solo è possibile, ma in molti casi doveroso.
Pannelli fotovoltaici in centro storico: sono permessi?
È consentito installare pannelli fotovoltaici sui tetti dei centri storici o in altre aree soggette a vincolo paesaggistico in Italia, ma non in modo indiscriminato. Non si tratta di un “liberi tutti”, ma nemmeno di un divieto assoluto a priori. La possibilità di installare impianti fotovoltaici in queste aree delicate dipende fondamentalmente da come l’intervento viene progettato e realizzato.
La chiave è la qualità dell’integrazione dei pannelli nel contesto esistente. Se l’impianto è progettato in modo da minimizzare l’impatto visivo e rispettare le caratteristiche architettoniche e paesaggistiche del luogo, le possibilità di ottenere l’autorizzazione sono oggi significativamente maggiori rispetto al passato, grazie a un orientamento sempre più consolidato della giurisprudenza amministrativa.
La sfida fondamentale risiede nel bilanciamento tra due interessi pubblici di pari rilevanza costituzionale:
- da un lato, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-culturale (Articolo 9 della Costituzione), che impone di preservare l’aspetto, la storia e l’identità dei luoghi ritenuti di particolare pregio;
- dall’altro lato, la promozione delle fonti di energia rinnovabile e la tutela dell’ambiente (anch’essa riconducibile all’Articolo 9, oltre che a normative specifiche e impegni internazionali), necessarie per contrastare il cambiamento climatico e garantire la sostenibilità energetica. Per lungo tempo, l’interpretazione prevalente tendeva a far prevalere le esigenze conservative, portando spesso a dinieghi anche per impianti di modesto impatto. Oggi, la giurisprudenza sta spingendo per un bilanciamento più equo e concreto.
- Cosa dice la giurisprudenza sui pannelli solari in aree vincolate
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2808/2025 , ha affrontato direttamente il cuore del problema. Riguardava un caso a Firenze, dove dei cittadini si erano visti negare l’autorizzazione paesaggistica semplificata (PAS) per installare pannelli fotovoltaici sul tetto di un edificio in zona vincolata, nonostante avessero presentato un progetto migliorativo con pannelli rossi, ben integrati nella copertura e non visibili dalla strada. Il Consiglio di Stato ha accolto l’appello dei cittadini, annullando il diniego. La sentenza ha ribadito principi cruciali:
- le amministrazioni (Comune, Soprintendenza) devono valutare il progetto effettivamente presentato, non basare il diniego su pareri relativi a versioni precedenti e superate; Il Consiglio di stato chiarisce che il diniego deve essere puntuale, proporzionato e basato su un pregiudizio concreto e dimostrabile al bene tutelato, non su generiche esigenze conservative o mere considerazioni estetiche;
- è necessario il “dissenso costruttivo”: se l’amministrazione nega l’autorizzazione, deve spiegare quali specifiche modifiche renderebbero il progetto accettabile (come richiede l’Art. 11 del Dpr 31/2017);
- il chiarimento maggiormente dirimente: la produzione di energia da fonti rinnovabili è un interesse pubblico primario e non può più essere considerato automaticamente secondario (“recessivo”) rispetto alla tutela paesaggistica.
Il Consiglio di Stato ha individuato due vizi principali nel comportamento delle amministrazioni coinvolte (Comune e Commissione locale per il paesaggio, che si basavano su un parere della Soprintendenza):
- carenza di istruttoria: non hanno svolto un’adeguata valutazione del merito della nuova soluzione progettuale presentata dai ricorrenti (quella con i pannelli rossi e integrati). Hanno invece reiterato il diniego basandosi sul parere negativo espresso dalla Soprintendenza sulla prima versione del progetto, che era stata ormai superata e modificata proprio per ridurne l’impatto;
- assenza di “dissenso costruttivo”: nel confermare il diniego anche sul nuovo progetto, le amministrazioni non hanno rispettato l’obbligo (previsto dall’articolo 11 del Dpr 31/2017) di indicare le modifiche specifiche che sarebbero state necessarie per superare le criticità e ottenere l’assenso. Si sono limitate a un rifiuto non collaborativo.
La sentenza 2808/2025 si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai consolidato. Il testo stesso cita due precedenti importanti:
- Consiglio di Stato n. 2242/2022 aveva già censurato un diniego all’installazione di pannelli fotovoltaici motivato con formule generiche e astratte, richiedendo una valutazione concreta dell’impatto.
- TAR Molise n. 391/2021 aveva sottolineato il “favor” del legislatore per le energie rinnovabili e osservato come gli impianti fotovoltaici stiano diventando un elemento ordinario del paesaggio contemporaneo, suggerendo una minore resistenza a priori alla loro presenza. Queste decisioni mostrano una chiara tendenza a considerare possibile e necessaria l’integrazione delle rinnovabili anche in contesti sensibili.
- Quando il diniego dell’autorizzazione paesaggistica per un impianto fotovoltaico è legittima?
Alla luce della sentenza 2808/2025 e dell’orientamento giurisprudenziale consolidato, un diniego legittimo deve possedere le seguenti caratteristiche:
- specificità e pertinenza: deve riferirsi puntualmente alle caratteristiche del progetto specifico sottoposto a valutazione e al contesto specifico in cui si inserisce. Non può basarsi su formule generiche o standardizzate;
- motivazione concreta: deve identificare e dimostrare un pregiudizio effettivo e concreto che quel particolare impianto arrecherebbe al valore paesaggistico o storico-culturale tutelato. Non bastano affermazioni vaghe sull’alterazione dell’estetica o sulla “non compatibilità”;
- proporzionalità: l’impatto negativo riscontrato deve essere significativo e tale da giustificare il sacrificio dell’interesse pubblico primario alla produzione di energia rinnovabile. Un impatto minimo o trascurabile non dovrebbe portare a un diniego totale;
- istruttoria adeguata: Deve essere basato su un’analisi approfondita e aggiornata del progetto presentato, considerando tutte le soluzioni tecniche e i materiali proposti per l’integrazione;
- dissenso costruttivo (se applicabile): se esistono criticità superabili, il diniego dovrebbe indicare quali modifiche progettuali (es. diverso posizionamento, materiali alternativi, riduzione delle dimensioni) potrebbero portare a un parere favorevole, come previsto dall’Art. 11 del Dpr 31/2017.
L’interesse alla produzione di energia da fonti rinnovabili non è più visto come un interesse secondario o “recessivo” che deve automaticamente cedere il passo di fronte a qualsiasi esigenza di tutela paesaggistica. È riconosciuto come un interesse pubblico primario, fondamentale per la lotta al cambiamento climatico e per la strategia energetica nazionale. Questo significa che, nel bilanciamento, tale interesse ha un peso molto rilevante e può essere sacrificato solo di fronte a un pregiudizio concreto, specifico e dimostrabile ai valori paesaggistici tutelati, e non per mere valutazioni di gusto estetico o per partito preso.
Cosa significa in pratica che i pannelli devono essere “ben integrati” in un contesto storico o vincolato?
“Ben integrati” significa che i pannelli devono essere installati in modo da minimizzare il loro impatto visivo e armonizzarsi il più possibile con l’edificio e il contesto circostante. Alcune soluzioni tecniche e progettuali che favoriscono l’integrazione includono:
- utilizzo di pannelli colorati (es. rossi, come nel caso di Firenze) o con finiture che imitano i materiali di copertura tradizionali (tegole, coppi);
- installazione complanare alla falda del tetto, senza sporgenze eccessive o strutture di supporto invasive;
- posizionamento strategico sulle falde meno esposte alla vista dalle principali aree pubbliche (strade, piazze) o dai punti panoramici tutelati;
- rispetto delle linee architettoniche dell’edificio, evitando di coprire elementi di pregio (cornicioni, abbaini decorati, ecc.);
- utilizzo di moduli di dimensioni contenute o soluzioni architettoniche innovative (es. tegole fotovoltaiche). L’obiettivo è rendere l’impianto il meno appariscente possibile, inserendolo con discrezione nel tessuto storico.
- Cosa fare se il Comune o la Soprintendenza respingono la mia richiesta di installare pannelli fotovoltaici?
Se ritieni che il diniego sia illegittimo perché basato su motivazioni generiche, non pertinente al tuo progetto specifico, sproporzionato o carente dal punto di vista istruttorio o del “dissenso costruttivo”:
- E’ possibile chiedere chiarimenti e un riesame: presentare osservazioni scritte all’amministrazione, contestando punto per punto le motivazioni del diniego e magari proponendo ulteriori piccoli aggiustamenti progettuali per venire incontro a eventuali preoccupazioni specifiche;
- se il dialogo non porta a risultati, è possibile impugnare il provvedimento di diniego davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) competente per territorio. Nel ricorso, potrai far valere i vizi di legittimità del provvedimento, richiamando i principi stabiliti dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (come la sentenza 2808/2025). “
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