Lavori in condominio: l’amministratore committente risponde per la morte in cantiere dell’operaio

Lavori in condominio: l’amministratore committente risponde per la morte in cantiere dell’operaio

L’amministratore di condominio (anche di fatto), qualora rivesta la qualifica di committente dei lavori nell’edificio condominiale, è responsabile del reato di cui all’art. 589 c.p., in relazione al decesso di un dipendente dell’impresa appaltatrice, per culpa in eligendo, ove abbia affidato i lavori ad impresa priva dei requisiti di affidabilità e capacità tecnico-organizzativa, nonché per culpa in vigilando ove abbia omesso di vigilare sulla predisposizione da parte della ditta appaltatrice di adeguate misure antinfortunistiche (Cass. pen., sez. III, n. 29068 del 3/7/2019).

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. IV, n. 43452 del 21/09/2017

Cass. pen., sez. III, n. 42347 del 18/09/2013

Difformi Non si rinvengono precedenti

Il fatto e lo svolgimento del processo

Tizio, che rivestiva di fatto la qualifica di amministratore di un condominioaffidava ad un’impresa i lavori di rifacimento della facciata condominiale. Nel corso dei lavori un operaio moriva precipitando dall’impalcatura.

Il Tribunale in primo grado condannava Tizio per il reato di cui all’art. 589 c.p. a lui ascritto per avere, quale “capo condominio”, e, quindi, committente dei lavori, omesso di attenersi ai principi e alle misure generali di tutela per consentire l’esecuzione dei lavori in condizioni di sicurezza e, in particolare, per aver omesso di verificare l’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice.

La Corte di Appello, pronunciandosi a seguito dell’annullamento con rinvio, respingeva l’impugnazione proposta dall’imputato, escludendo (contrariamente a quanto affermato, invece, nella precedente sentenza di secondo grado annullata) che potesse considerarsi non provata la valida stipulazione di un accordo tra l’imputato e l’impresa esecutrice dei lavori (e, conseguentemente, non autorizzata la messa in opera del ponteggio, dal quale era caduto l’operaio); pacifica la sua posizione di amministratore del condominio e, quindi, committente dei lavori, con le discendenti responsabilità per culpa in eligendo, per avere affidato i lavori a impresa priva dei requisiti di affidabilità e capacità tecnico organizzativa, e per culpa in vigilando per avere omesso di vigilare sulla predisposizione da parte della ditta appaltatrice di adeguate misure antinfortunistiche.

Tizio ricorreva nuovamente per Cassazione, censurando la sentenza, in particolare, nella parte in cui aveva affermato il raggiungimento della prova della conclusione dell’accordo tra l’imputato, quale committente, e l’appaltatore, in ordine ai lavori di rifacimento della facciata condominiale; prova che, secondo il ricorrente, sarebbe stata desunta, in modo illogico, dalla annotazione a penna della dicitura “Approvato”, non riconducibile all’imputato, sul testo del preventivo e dalla richiesta di predisposizione da parte dello studio contabile delle ricevute di pagamento del corrispettivo dovuto dai condomini all’appaltatore.

La difesa dell’imputato criticava anche la valutazione compiuta dalla Corte d’appello delle dichiarazioni rese da due condomini in occasione del loro esame nel dibattimento, risultando illogica e immotivata la svalutazione delle loro rettifiche.

Nel ribadire il mancato perfezionamento del contratto di appalto e la unilateralità della iniziativa dell’appaltatore di procedere al montaggio del ponteggio da utilizzare per eseguire i lavori, con la conseguente assenza di responsabilità del ricorrente nella verificazione dell’evento, chiedeva pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

La decisione della Corte

Per la Suprema Corte il ricorso non è fondato.

I Giudici di legittimità ritengono che la Corte territoriale sia infatti pervenuta, sulla base di un percorso logico corretto e immune da vizi, di cui era stata fornita illustrazione con motivazione adeguata, alla conclusione dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, ritenendo raggiunta la prova della conclusione del contratto d’appalto, relativo al rifacimento della facciata dell’edificio condominiale amministrato dal ricorrente, con la conseguente ravvisabilità della veste di committente dell’imputato medesimo, da cui è stata fatta discendere la sua responsabilità nella causazione dell’infortunio per culpa in eligendo e in vigilando.

Tali gli elementi portati a supporto della decisione:

1) l’apposizione della dicitura “approvato” sul testo della proposta di contratto, a seguito di discussione in assemblea;

2) l’attivazione dell’imputato, nella sua veste di amministratore, per riscuotere da ciascun condomino i contributi necessari per poter pagare il prezzo dell’appalto e la predisposizione delle ricevute;

3) quanto riferito nel corso delle indagini da due condomini circa la decisione di affidare i lavori all’impresa che aveva presentato il preventivo più conveniente (i quali non avevano, invece, spiegato le ragioni delle parziali rettifiche operate in dibattimento);

4) l’inizio della installazione del ponteggio da utilizzare per l’esecuzione dei lavori di rifacimento della facciata, non spiegabile se non con il perfezionamento del contratto (anche sul rilievo della non necessità della forma scritta per la conclusione del contratto d’appalto, ex art. 1350 c.c.);

5) il fatto che l’imputato e l’impresario si fossero incontrati proprio in concomitanza con l’avvio dei lavori di montaggio del ponteggio, che l’imputato avesse avuto modo di constatare senza eccepire alcunché (con ciò implicitamente riconoscendo l’avvenuto perfezionamento del contratto).

Per tali ragioni, trattandosi di considerazioni logiche e conformi alle regole razionali e a comuni massime di esperienza, di cui non sono state individuate carenze, lacune o illogicità manifeste, le doglianze proposte dal ricorrente risultano infondate.

I precedenti

La responsabilità dell’amministratore di condominio, nella veste di committente, per gli infortuni occorsi ai dipendenti dell’impresa affidataria dei lavori nell’edificio condominiale, costituisce ormai iusreceptum.

In Cassazione penale n. 43452 del 21 settembre 2017 si affrontava il tema relativo all’infortunio mortale di un lavoratore a seguito di caduta dal terrazzo di un immobile condominiale e si è affermato che l’amministratore, nel dare incarico al professionista di svolgere i lavori, non verificò in alcun modo la sua formazione, le competenze e l’idoneità tecnico-professionale.

Ciò era stato già sancito da Cassazione penale n. 42347 del 18 settembre 2013, secondo cui l’amministratore di un condominio riveste la posizione di garanzia propria del datore di lavoro non solo quando procede direttamente all’organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio, ma anche nel caso di affidamento in appalto di dette opere, in quanto, assumendo la posizione di committente, pur non potendosi esigere da questi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, egli è tenuto quanto meno all’osservanza degli obblighi di verifica della idoneità tecnico professionale della impresa appaltatrice, di informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nella attuazione delle misure di prevenzione e protezione.

Riferimenti normativi:

Art. 589 c.p.

Cassazione penale, sezione III, sentenza 3 luglio 2019, n. 29068

 

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