L’installazione di un impianto di videosorveglianza all’interno di un edificio condominiale per ragioni di sicurezza e prevenzione di atti vandalici o furti è divenuta, al giorno d’oggi, uno strumento molto diffuso; essa tuttavia, non può avvenire in maniera arbitraria, ma deve rispettare stringenti limiti normativi posti in materia dal legislatore.
L’installazione di un impianto di videosorveglianza che riprenda le parti comuni di un condominio come androni o cortili può causare, infatti, una lesione della privacy degli altri condomini e deve per ciò avvenire nel rispetto delle prescrizioni del GDPR.
Stante quanto disposto dall’art. 1122 ter c.c. la decisione di installare un impianto di videosorveglianza deve essere deliberata dall’assemblea condominiale con maggioranza qualificataai sensi dell’art 1136 c.c., previa informativa fornita dall’amministratore di condominio ai singoli condomini sulle finalità della videosorveglianza, le modalità di conservazione dei dati e i soggetti autorizzati ad accedervi oltre ad una puntuale indicazione delle aree sottoposte a riprese. Tutto ciò nel rispetto dei limiti e requisiti previsti dal GDPR.
L’impianto può comprendere anche il perimetro esterno dell’edificio coerentemente alla funzione di sicurezza dell’installazione medesima e deve in ogni caso essere segnalata da apposita cartellonistica con tutti i contatti previsti in materia dal GDPR.
Le registrazioni video devono essere conservate per un periodo di tempo limitato e strettamente necessario al raggiungimento delle finalità indicate nell’informativa, in genere 24/48 ore. Al termine del periodo di conservazione, i dati devono essere cancellati in modo sicuro.Al fine di evitare abusi e/o violazioni delle norme sulla privacy, l’accesso ai dati registrati è consentito esclusivamente alle persone autorizzate, ovvero all’amministratore di condominio, al personale addetto alla gestione dell’impianto e, in caso di necessità, alle forze dell’ordine.
Ogni condomino ha, comunque, diritto di richiedere la visione delle registrazioni delle telecamere condominiali, a condizione che: la richiesta sia motivata e sia correlata a un evento grave come un furto, una rapina o un danneggiamento; ci sia una denuncia presentata una denuncia alle autorità competenti; la richiesta sia formale, formulata per iscritto e indirizzata all’amministratore di condominio; la visione sia controllata in modo che l’accesso alle registrazioni deve avvenire sotto la supervisione dell’amministratore o del responsabile della protezione dei dati. Ovviamente sono previste gravose sanzioni a carico dell’amministratore o del condominio nel caso in cui tali prescrizioni siano violate.
Ma cosa accade nell’ipotesi in cui il singolo condomino installa un sistema di videosorveglianza che inquadra solo le parti di proprietà esclusiva tralasciando del tutto le parti comuni dell’edificio?
Secondo la recente ordinanza n. 10925/2024 della Corte di Cassazionel’installazione di telecamere private è consentita, a condizione che l’angolo di ripresa sia limitato alla proprietà esclusiva del singolo condomino, vietando anche la ripresa del portone d’ingresso del condominio.
Puntuale applicazione di tali principi è stata compiuta, in sede di merito, dalla Corte di Appello di Brescia (sentenza n.101/2025) che, confermando quanto deciso dal Giudice di prime cure, ha affermato che la ratio dell’art. 1122 ter c.c. imponga la preventiva autorizzazione della assemblea solo qualora il sistema di videosorveglianza interessi parti comuni, senza alcun limite per eventuali sistemi dedicati alla protezione delle parti in proprietà esclusiva.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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