L’incarico dell’amministratore condominiale ha durata annuale e, alla scadenza, in caso di revoca o dimissioni, spetta all’assemblea di deliberare sulla nomina del nuovo amministratore.
Nel periodo intercorrente tra la cessazione dall’incarico dell’amministratore e la convocazione della nuova assemblea che provvederà alla nomina del nuovo professionista scelto dai condomini, l’amministratore uscente prosegue nell’esercizio ordinario delle sue funzioni operando in regime della c.d. prorogatio imperii, espressione con cui si indica la prosecuzione nella carica in via provvisoria sino alla nuova nomina.
La ratio di tale previsione normativa è quella di preservare la continuità della gestione scongiurando i pericoli che potrebbero derivare dalla stasi.
Secondo Corte di Cass. n. 1445/1993 “l’amministratore di un condominio, anche dopo la cessazione della carica per scadenza del termine di cui all’articolo 1129 c.c. o per dimissioni, conserva ad interim i suoi poteri e può continuarli ad esercitare fino a che non sia stato sostituito da altro amministratore. Ma tale principio – nell’elaborazione giurisprudenziale, in che trova propriamente la sua genesi (in difetto di esplicita enunciazione normativa) – si giustifica in ragione di una presunzione di conformità, di una siffatta perpetuatio di poteri dell’ex amministratore, all’interesse ed alla volontà dei condomini”.
Non bisogna infatti dimenticare che, in caso di inerzia dell’assemblea, ciascun condomino può rivolgersi al Tribunale competente per la nomina del nuovo professionista e, qualora nessuno decida di farlo, si presume che la prosecuzione provvisoria della carica sia conforme all’interesse dei condomini.
Logica conseguenza di tale argomentare è che, l’amministratore in regime di prorogatio imperii potrà validamente firmare il verbale di collaudo all’esito dei lavori eseguito da una ditta sulle parti comuni del condominio; l’apposizione della firma sul collaudo, infatti, è ontologicamente diversa dall’accettazione dell’opera identificandosi in una manifestazione di liberà negoziale dalla quale deriva esclusivamente la liberazione dell’appaltatore dalla garanzia per vizi.
Essa si traduce in un’accettazione di quanto in esso previsto e in un riconoscimento dell’esecuzione a regola d’arte delle attività [Trib. Brindisi 19 maggio 2020 n. 634].
In senso conforme, di recente, Corte d’Appello Roma del 4.4.2025 n. 2160 che ha confermato la statuizione di prime cura che aveva condannato un condominio a pagare il corrispettivo di un contratto di appalto all’impresa che si era occupata dell’esecuzione di lavori edili nel condominio in presenza di firma del collaudo da parte dell’amministratore in prorogatio.
Avv. TOMMASO GASPARRO
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