L’attività del mediatore immobiliare, oggi sempre più importante, è al centro di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale soprattutto per quanto concerne il profilo della responsabilità di questa figura professionale.
Recenti interventi giurisprudenziali, infatti, hanno sensibilmente ampliato l’ambito di quest’ultima portando i confini della responsabilità del mediatore verso lidi sino a pochi decenni orsono del tutto inesplorati.
Secondo quanto statuito da Corte di Cassazione nella sentenza del 21 febbraio 2017, n. 4415era configurabile “una responsabilità del mediatore nei soli casi in cui il mediatore avesse taciuto informazioni e circostanze delle quali era a conoscenza, ovvero avesse riferito circostanze in contrasto con quanto a sua conoscenza, ovvero ancora laddove, sebbene espressamente incaricato di procedere ad una verifica in tal senso da uno dei committenti, abbia omesso di procedere ovvero abbia erroneamente adempiuto allo specifico incarico”.
Restavano ovviamente escluse da profili di responsabilità tutte quelle ipotesi nelle quali il mediatore non avesse informato i contraenti delle circostanze che avrebbe dovuto e potuto conoscere nel svolgere la sua attività mediatrice con l’ordinaria diligenza.
Tale orientamento, a lungo criticato in dottrina, si sosteneva escludesse dall’ambito di responsabilità tutte quelle ipotesi in cui mediatore che avesse taciuto nel comunicare non solo le circostanze a lui note, ma anche quelle a lui facilmente conoscibili utilizzando la diligenza professionale che il ruolo di agente immobiliare gli impone. Ne conseguiva in tale ottica, che il criterio della media diligenza professionale che ispira la condotta del mediatore, con riferimento al proprio dovere di informazione nei confronti delle parti contraenti, ai sensi dell’articolo 1759 codice civile, comportasse in senso positivo l’obbligo per l’agenzia immobiliare di fornire al promittente acquirente ogni informazione conosciuta o facilmente conoscibile nonché, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni non veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, poiché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle.
La giurisprudenza ha, recentemente, recepito tale orientamento.
La Corte di Cassazione sez. III, nella sentenza del 11/12/2023, n.34503, ha statuito che questo obbligo deve essere letto in coordinazione con gli art. 1175 e 1176 c.c., nonché con la disciplina dettata dalla Legge n. 39 del 1989, che ha posto in risalto la natura professionale dell’attività del mediatore, subordinandone l’esercizio dell’attività alla frequenza di un corso e al sostenimento del relativo esame, al cui superamento deve conseguire l’iscrizione al Registro delle Imprese (art. 2), condizionando all’iscrizione stessa la spettanza del compenso. Qualora, pertanto, il mediatore dia informazioni su circostanze di cui non abbia consapevolezza e che non abbia controllato, le quali si rivelino poi inesatte e non veritiere, si può configurare, oltre a una sua responsabilità per i danni sofferti dal cliente (tanto il danno emergente quanto il lucro cessante), anche l’inesigibilità del suo compenso.
Avv. TOMMASO GASPARRO
– Studio Legale Gasparro –
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